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Nella mattinata di sabato 23 febbraio a Napoli, il vento sibilante e vigoroso, una fitta nevicata e la temperatura gelida non hanno impedito di accorrere ad un evento unico, originale, di grande spessore culturale e artistico, di musica e poesia.
L’evento, organizzato dall’Associazione Vis Roboris, a cura di Rosanna Bonsignore, si è svolto in un luogo magico e suggestivo, l’accogliente Casa Ascione, Museo del corallo.
Protagonista un artista completo, poliedrico, sensibile e talentuoso, Alexandre Celdà Belda. Questi ha presentato il suo progetto di musica e poesia Rint’Oh- Me, nome del libro recentemente uscito e di cui è autore.
Assieme a lui, che si è esibito suonando la tuba e il serpentone, ha suonato il bravissimo fisarmonicista lucano Rocco Zaccagnino.
Rosanna Bonsignore con signorilità e squisitezza ha aperto l’evento, presentandolo ed evidenziando le qualità del libro, raccolta di poesie scritte sia in spagnolo che in italiano.
Subito dopo Alexandre Cerdà Belda ha letteralmente affascinato il pubblico conducendolo in un viaggio magico. Ha fatto uscire, come un prestigiatore, dalla sua “tuba” magica non solo melodie, ma anche la sua vita, rendendo tutti piacevolmente partecipi.
Lo spettacolo, così, si è snodato in una varietà di linguaggi e performance, con un programma ricco ed assai accattivante, toccando la vita dell’artista e ripercorrendone, esperienze, aspetti intimi ed introspettivi, “Rint’oh-me” ossia in napoletano e valenciano “dentro me” e “dentro all’uomo”.
Alexandre Cerdà Belda “abbracciando” il basso tuba, e decantandone le sue molteplici risorse sonore, timbriche e ritmiche, ha ripercorso con simpatia ed una manciata di ironia i momenti salienti della sua intensa vita: l’infanzia nel paese di origine Agullent vicino a Valencia, i primi approcci musicali, l’incontro con la tuba, gli studi, il trasferimento in diverse città italiane, l’approdo a Napoli più di venti anni fa, gli amori, i disamori, i momenti tristi e quelli di gioia, il suo rapporto con la fede. Ha poi descritto il suo progetto, ideato allorché compulsivamente ha iniziato a scrivere poesie in modo irrefrenabile.
Alla lettura delle poesie, tratte dal libro, di cui lui stesso è stato la voce narrante per meglio trasmettere emozioni e stati d’animo, corrispondevano brani musicali. Le note, i racconti e i versi si sono così intrecciati, rincorsi abbracciati, uniti in una sinergia che ha inghiottito anche il pubblico. Dai brani di apertura Jeux d’Enfants (Cirque du Soleil) Menuet I e II dalla I Suite per Violoncello solo BWV1007 (J.S.Bach) A trace of Grace M.Godard, si è passati a quelli composti da Alexandre Cerdà Belda, Sueño , Recuerdo, Dolce Nenia, Quello che non riesco a dirti , Temps, che per esprimere le sue poesie A volte, Attesa, Terra Promessa, Immagino e Suono, con le corrispondenti melodie, ora dolci e raffinate avvolgenti ora briose ed effervescenti, ora spagnoleggianti e orientaleggianti.
Le esecuzioni sono state raffinate e ammalianti e non sono mancate le improvvisazioni. Rocco Zaccagnino ricamava la fisarmonica con maestria e delicatezza, mentre dal basso tuba uscivano suoni melodiosi e unici che creavano atmosfere emozionanti e di rara bellezza.
Un momento particolarmente interessante e di impatto è stato quando Alexandre Cerdà Belda ha presentato e suonato il serpentone: un antico strumento a fiato con sonorità che definirei rinascimentali, nato in Francia nel XVI secolo per potenziare i canti gregoriani e, curiosità, è presente negli antichi presepi napoletani.
Prima di accomiatarsi, c’è stato un divertente coinvolgimento dei presenti con un invito a cantare coralmente dopo una breve lezione sulle quarte, anzi quinte note da pronunciare modulando nelle tonalità crescenti giuste.
Lo spettacolo si è concluso con gli scroscianti applausi del pubblico visibilmente soddisfatto, emozionato e arricchito.
Daniela Vellani