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Napoli, al teatro Bolivar, Daniele Sepe in “Capitan Capitone” vince con musica, simpatia ed ironia

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Daniele Sepe

Il 30 aprile al teatro Bolivar è approdato “Capitan Capitone” con i Fratelli della Costa, l’esplosiva “ciurma più sfrantummata”. Daniele Sepe, il celeberrimo sassofonista partenopeo, nelle vesti del capitano, assieme al Nostromo Dario Sansone, al Timoniere Gnut, al Cambusiere Andrea Tartaglia, al Poeta di Bordo Alessio Sollo, a Carmine D’Aniello Prodiere, al Coffiere Nero Nelson, a Sirena Sara, a Sossia Squeglia, al Cannoniere Maurizio Capone, al Mastro bottaio Tommy De Paola, al Cerusico Davide Afzal, all’ Armiere Paolo Forlini, al timoniere Daniele Chessa, ha riscosso un grande successo con uno spettacolo originale, straordinario, variegato, spumeggiante, vivace e brioso.

Il prologo a sipario chiuso, rappresentato da una tempesta in cui riecheggiavano in modo agitato voci e rumori, ha subito introdotto il pubblico in una magica atmosfera dal sapore di mare e in compagnia di una ciurma molto particolare. Un grande applauso ha accompagnato l’apertura del sipario con l’apparizione della simpatica orchestra di “pirati” con colorati vestiti marinareschi. La prima canzone “Penelope”, con chiaro riferimento alle vicissitudini di Odisseo, è stata la metafora che ha accompagnato il lungo viaggio pieno di pericoli ed ostacoli, ammutinamenti e naufragi.

L’eccentrico ensemble si è esibito affrontando tematiche sociali in modo intelligente e ironico attraverso un percorso armonico ed equilibrato ricco di voci mediterranee, e non solo.  Ecco che tra canzoni, bei testi, battute sagaci, improvvisazioni, sono riecheggiate, in un bel sound, melodie svariate che hanno spaziato dal sirtaki greco alle musiche slave, dai ritmi arabi a quelli del sud Italia, dalle arie francesi ai motivi spagnoli, in un pot-pourri di idiomi svariati, a volte maccheronicamente simpatici e allusivi, il tutto legato dal fil rouge del vernacolo napoletano. Sul palcoscenico si è creata una sorta di “globalizzazione” mediterranea che però ha oltrepassato le “colonne d’Ercole” approdando a New Orleans e in Giamaica. Un pregio dello spettacolo è stata la capacità di legare armoniosamente diversi stili a dimostrazione di una grande competenza del mondo musicale fatta da studio ed esperienza. Attraverso interessanti e ben costruite contaminazioni si è passati dal rock al punk, dal jazz al blues, dal reggae al rap, dal pop al folk, con trafiletti di musiche da film.

La presenza del mare è stata costante, una metafora dell’esistenza molto forte.  Se ne sentiva la voce, lo sciabordio, il pericolo, l’odore, le sue onde, le sue agitazioni, i suoi venti col riecheggiare di stridii di gabbiani ridanciani. Tra l’arte musicale, i giochi di parole, il divertimento, la simpatia e la bravura dei musicisti e cantanti, sono stati lanciati messaggi sociali importanti riguardanti la corruzione, l’immigrazione, il consumismo, l’inquinamento, le diseguaglianze sociali, le ingiustizie, i ladrocini, lo smaltimento dei rifiuti, lo sfruttamento delle donne, la droga. Interessante è stato l’uso di strumenti musicali creati con materiale di riciclo dal talentuoso Maurizio Capone.  I presenti sono stati più volte coinvolti, invitati a cantare, ballare e battere la mani.  Una grande energia ha investito, quindi, artisti e pubblico e ci si è sentiti parte di un tutto impregnato di passione ed entusiasmo, di voglia di ascoltare, comunicare e interagire

Non sono mancati i bis, ben tre, durante i quali ciascun musicista ha avuto il suo spazio per esibirsi con improvvisazioni, assoli e interventi belli, tra cui uno sfrenato richiamo alla tarantella del Gargano.

Lo spettacolo è nato da un progetto discografico. È possibile quindi poter riassaporare le musiche, testi e storie “marine” col cd “Capitan Capitone e i Fratelli della Costa”, realizzato da ben sessantadue musicisti e corredato anche da un libricino contenente i testi.

Il tour proseguirà con altre date.

 

Daniela Vellani