Napoli, alla Mondadori Point di Rione Alto, Erri De Luca dialoga con i suoi lettori

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Lunedì 22 febbraio, presso la Mondadori Point, in via Fragnito a Napoli, un pubblico numeroso è accorso per incontrare Erri De Luca. Non si è trattato della presentazione di un libro, ma qualcosa di più, una conversazione amabile e divertente tra amici. Lo scrittore, puntuale e come sempre disponibile ed aperto al dialogo, col suo linguaggio spontaneo, semplice, ricco di senso dell’humor e accattivante, ha risposto alle numerose domande che gli sono piovute, donando riflessioni e perle di saggezza ai presenti.

Dopo i saluti dei padroni di casa, i giovani coniugi Fabio Rocco e Francesca Pezzillo Iacono, che con entusiasmo e coraggio hanno deciso di aprire un punto vendita della Mondadori nel quartiere del Vomero Alto, Erri De Luca prendendo spunto proprio da ciò, evidenzia l’importante ruolo della libreria in un quartiere popolare e afferma che aprirla è stato “un atto di fiducia”, perché è il luogo in cui “avviene il giusto incontro tra chi legge e chi scrive”.

Perché si diventa scrittore? Si diventa scrittore per “vizio di lettura”. Proprio così Erri, leggendo molti più libri di quanti ne abbia scritti, è diventato lo scrittore che ci regala emozioni, che ci parla al cuore, che esprime con i suoi ricami di parole quello che abbiamo dentro, che attraverso le raffinate descrizioni ci fa immaginare e sentire odori, che ci invita alla riflessione ai molteplici aspetti della vita e a problematiche sociali, aprendoci la mente e invitandoci ad analizzare aspetti della società, aiutandoci ad eliminare pregiudizi e pericolose sovrastrutture mentali.

Il racconto dei suoi approcci con la lettura si fa sempre più intrigante e affascina tutti. È  bello immaginare Erri bambino e incartato nei libri, laddove questi diventano l’imballaggio della sua infanzia, nella libreria della casa napoletana natia, la stanza più calda nell’epoca in cui i riscaldamenti non c’erano, il rifugio del mese di febbraio, la stanza insonorizzata dallo spessore della carta dei libri, la stanza in cui il silenzio è piacevole. Ebbene sì per diventare scrittore bisogna leggere un mare di libri e in più affacciarsi ad una finestra e “ascoltare” gli anziani.  A questo punto De luca si sofferma sull’ascolto. L’orecchio (per quanto gli riguarda, il sinistro) è l’organo sensoriale più importante per lui perché stimola i sensi ed è l’albero maestro della conoscenza” a differenza della vista che per lui è semplicemente un oggetto di misurazione che personalmente non gli dice niente, riflettendo e rammaricandosi, però, che nel mondo attuale conta molto quello che “passa sotto immagine”.

Le domande dei presenti si susseguono e così lo scrittore prosegue trattando argomenti svariati, spaziando dalla saggezza antica alla filosofia,  in particolare quella presocratica. Si anima una discussione allorché, soffermandosi sul conosci te stesso di Socrate, dichiara di non condividere questo pensiero non avendo alcun interesse verso se stesso, o meglio di non essere “curioso di se stesso” e che nei suoi racconti non ci sono impronte di indagini psicologiche.

Di fronte alla lettura da parte di un presente di una citazione sulla libertà, Erri, evidenziando anche in questo caso l’importanza della lettura, risponde che i “detenuti sono liberi quando sognano e quando leggono”. Altre interessanti osservazioni, a proposito dell’ascolto, riguardano l’importanza del racconto a voce, di cui la scrittura non è altro che una sua riduzione.

Naturalmente non possono mancare domande sulla lingua e ovviamente fa un riferimento al napoletano, la sua lingua madre, confrontato con l’italiano, “lingua paterna” e fa un confronto tra i diversi ritmi delle due lingue: “l’italiano lento come pasta riposata, il napoletano svelto”.  Ed ecco che scatta una domanda sulla sua conoscenza dell’ebraico con cui ha intrapreso il viaggio nella Bibbia, libro che gli è piaciuto perché poco letterario e non vuole attirare il lettore.

La piacevole conversazione prosegue tra domande, improvvisate letture di presenti, battute e rivelazioni di esperienze e sensazioni provate durante la lettura dei suoi libri. Così si è parlato dell’Islam dove sta avvenendo uno scontro al suo interno e della fusione dei popoli che oggi si attua grazie agli incontri, alla musica e alle festività religiose, e “lo Stato arriva con leggi in ritardo a prenderne atto”.

Parlando dei giovani che sono il loro futuro e non il nostro, interessanti sono le sue riflessioni sul futuro ed il passato: solo il futuro è certo, il passato cambia sempre e non bisogna fidarsi delle versioni ufficiali del passato, perché rimaneggiato, il passato è una comodità.

Nostalgia? – Risponde che in lui non è presente il sentimento della nostalgia e non sente il bisogno di tornare indietro, a stazioni della sua vita. Vuole ricordare? Per farlo usa la scrittura con penna e carta.

Quando scrive una storia non deve cercare il personaggio, già c’è! Per quanto riguarda la durata di un racconto, decisamente afferma che non deve durare troppo. Una storia è come un ospite, non deve trattenersi a lungo. Deve lasciare una scia di desiderio.

Di fronte alla domanda se nel tempo è cambiato il suo modo di scrivere, risponde con un deciso no.

Poi la conversazione si sposta sulla religione, prendendo spunto da “In nome della madre” in cui si parla di Maria o Miriam la cui adolescenza finisce   improvvisamente allorché un annuncio le mette il figlio in grembo. È la storia di una ragazza di quindici anni, operaia della divinità, narrata da lei stessa, che combatte con difficoltà assieme al suo compagno che questa volta è giovane e non vecchio come viene raffigurato solitamente.

Qualche lettore fa delle osservazioni sulla sua fede, ma De Luca, senza la minima esitazione afferma di essere non credente incallito, non agnostico, e dice in modo simpatico che l’effetto della fede che alcuni lettori individuano tra le sue pagine è un effetto collaterale.

Il tempo passa velocemente come capita sempre quando si sta in buona compagnia e così arriva il momento del saluto seguito da strette di mano, complimenti, dediche e foto, a cui con molta disponibilità e confidenza si sottopone.

Ognuno va via col sorriso e con un libro autografato.

Personalmente, spinta da una battuta riportata da Erri fatta da un nipote alla nonna in occasione del suo compleanno Il più è fatto, ho acquistato il suo lavoro “Il più o il meno” che ho iniziato a leggere avidamente in metropolitana, rientrando a casa soddisfatta e più ricca.

 

Daniela Vellani

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