Napoli, al Piccolo Bellini, entusiasmo e applausi per il debutto di “Opera viva”

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foto di Maria Mazzei

Entusiasmo e applausi per il debutto di “Opera viva” al Teatro Piccolo Bellini di Napoli. Dal 26 gennaio al 4 febbraio, di Elvira Buonocore e con la regia di Maria Chiara Montella, il lavoro è interpretato, scritto e diretto dagli ex-allievi della Bellini Teatro Factory: in scena, Riccardo Ciccarelli, Alessandra Cocorullo, Stefania Remino e Gianluca Vesce.

Opera viva al Bellini è una metafora drammatica. Tre fratelli, Palma, Alfio e Rosario, si ritrovano in uno studio notarile per un atto di compravendita. La casa natale costruita sulla costiera è ormai un macigno di mattoni senza più valore, di cui nessuno se ne vuole occupare. L’immobile diventa, in poco tempo, l’occasione per rivangare il passato, ricostruendo gli eventi che hanno portato al declino della famiglia. Una procedura legale si tramuta in un processo, in cui i tre fratelli vengono assediati di domande per ricostruire la storia di una famiglia disfunzionale.

“Conosco le parole e so disobbedire”

Come brandelli di un universo simbolico stracciati sul palcoscenico, ogni oggetto è metafora di come i traumi del passato siano la conseguenza del presente. Crescere in un contesto familiare di costrizione, porta alcuni figli a caricarsi di un folle bisogno di fuggire dalle mura domestiche. Come vivere in gabbie in cui costringere uccellini a cantare a comando, si farebbe qualsiasi cosa per svincolarsi dall’oppressione di un genitore autoritario. Nonostante la paura nel cuore nel compiere il passo decisivo, il sacrificio di vivere sotto il controllo è un destino al quale non si riesce ad ambire. Continuare ogni giorno a sentir parole che vorrebbero modellare acqua come fosse creta, innescando traumi e pensieri così opprimenti da volersi gettare da una scogliera per vedere nel mare ciò in cui plasmarsi.

“Sono un solido, davanti a questo fluido mare”

“È un fatto innato il sacrificio”, e non tutti sono simbiotici e pronti a farsi carico delle responsabilità familiari. Ma prima o poi, anche se un luogo viene abbandonato, ciò non dimostra che la vita scompare. Esso vive, come piante che infestano il terreno, crescono e si attaccano alle pareti, insediandosi nelle cavità più profonde. La vita continua, si rigenera, e nessuno può controllare ciò. L’uomo è nulla a confronto. I traumi tornano a galla, e i ricordi così dolorosi e ripudiati nei meandri del passato, ritornano inesorabili a schiaffeggiare la realtà. Come un brutto incubo dal quale non ci si riesce a svegliare, bisogna farsi carico delle proprie responsabilità e riaffrontar-si, nonostante le conseguenze siano dolorose. È quello il momento in cui l’uomo viene messo alla porta, a chiedersi cosa farebbe per avere la sua libertà.

Roberta Fusco

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