Napoli, al Sancarluccio, tris di spettacoli per il Maggio d’arte

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Tre interessanti  e imperdibili appuntamenti teatrali  al Nuovo Teatro Sancarluccio:

Martedì 17 maggio alle ore 21 si terrà il concerto degli Alma Sonida;
 
Mercoledì 18 alle ore 21 si terrà lo spettacolo L’Ultimo Borbone di e con Eduardo Cocciardo
Inoltre da  giovedì 19 a domenica 22 maggio (sempre alle 21:00 tranne la domenica alle 18:00) torna, a grande richiesta, lo spettacolo Mulignane con Gea Martire per la regia di Antonio Capuano.

 

 

cocciardo

Eduardo Cocciardo

“L’ULTIMO BORBONE”racconto affabulatorio di e con Eduardo Cocciardo.

Mercoledì 18 e giovedì 19 maggio alle ore 21:00 presso il Nuovo Teatro Sancarluccio di Napoli si terrà lo spettacolo L’ultimo Borbone di e con Eduardo Cocciardo.

Sinossi

Nicola Lucera è un barbone senza età. Abita da tempo indefinito l’unica città capace di avvolgere nei suoi incantesimi chi scelga davvero di vivere ai margini: Napoli. L’uomo ci racconta che anche lui ha avuto una famiglia, un tempo. Quando Napoli non era proprio quella di adesso. C’erano ancora gli Spagnoli e la città gravitava al centro del mondo e non nelle sue squallide periferie. Ma un giorno arrivarono i “liberatori”. Loro sì che si comportarono da stranieri, saccheggiando le casse del re e reprimendo nel sangue ogni accenno di ribellione. Peccato che fossero venuti a fare l’Italia! Fu allora che Nicola abbandonò la sua casa, mettendosi in cerca di un domani che non sarebbe mai arrivato. Presto scopre che il suo unico obiettivo è arrivare da nessuna parte. Vivere i territori dell’indistinto. Della libertà assoluta. Del non essere per esserci per sempre. Fuori da ogni categoria. Da ogni stupida identità. E così, una notte, prigioniero di un treno in corsa, incontra Lia. La ragazza dalle scarpe di cuoio. Non avrebbe mai immaginato, Nicola, di imbattersi in un volto nel quale rispecchiarsi. In cui ritrovare ogni suo tormento. Scendono insieme a Gaeta, e dopo essere sfuggiti alle ronde del sanguinario generale Enrico Cialdini, si ritrovano in aperta campagna. Improvvisamente, hanno qualcuno con cui condividere la solitudine. Nicola ritorna così a Napoli, per riscoprirla adesso con la sua Lia. Una notte, però, mentre attraversano la strade dalle parti dell’Università, vengono travolti da un carro. Trascorrono diversi giorni in ospedale, in uno stanzone stonacato, tra cento altre barelle occupate da disadatti come loro. Nicola non fa che perdere e riprendere i sensi, fin quando nota un dottore ricoprire con un lenzuolo il volto di Lia. Qualche giorno dopo si risveglierà in un altro stanzone. Stavolta la sua barella è attorniata da un piccolo esercito di corpi coperti dalle lenzuola. Terrorizzato, Nicola scappa nei corridoi dell’ospedale, ma quando finalmente riesce a rivedere il sole, scopre che la città è cambiata. Ora pullula di automobili e di tram giallognoli. Era entrato in quell’ospedale nel dicembre del 1869 e ne stava uscendo nell’aprile del 1950.

 

Note di regia

 

L’Ultimo Borbone è un canto per Napoli, e di riflesso per tutto il Sud, costretto dalla brutalità della Storia a rinunciare alle sue reali potenzialità, diventando nient’altro che la brutta copia di sé. Il prezzo pagato per “fare l’Italia” è stato fin troppo alto: rappresaglie, paesi rasi al suolo ed una grande fetta dello stivale tagliata letteralmente fuori dai centri del mondo. Il barbone Nicola simboleggia proprio questo: lo spostamento periferico di una civiltà a cui i Francesi e gli Spagnoli avevano invece dato una posizione dominante. Quello spostamento è da leggersi come una sorta di sacrificio, sulla cui scia il resto della nazione ha costruito le sue temporanee fortune. Ed è stato quel cortocircuito storico ad aggravare i nuovi e già antichissimi vizi della nostra città, rendendoli forse irrisolvibili. Ma l’andare a zonzo di Nicola, il suo passeggiare smarrito nel tempo e nello spazio, ci insegnano che ogni vera rivoluzione avviene solo nel nostro cuore, quando siamo disposti a vedere le cose sotto nuove luci.

Una scenografia scarna. Un tavolino, un lume, una seggiola di paglia. In un angolo del palcoscenico, i musicisti sembrano venir fuori dalle ombre, così come l’attore-narratore, che si muove nervosamente, per poi ricadere all’improvviso nella più inconsolabile delle malinconie. Alle loro spalle, una lucida pagina di quaderno, sui cui sono proiettate in modo sparso delle cifre all’apparenza incomprensibili. Ma presto, il racconto di Nicola, ricucirà i conti con la Storia.

Spettacolo che nasce dai più grandi modelli di teatro civile (da Dario Fo a Marco Paolini), indossando però abiti musicali inusuali per questo genere di narrazione teatrale. La musica elettronica e rock-pop degli Epo, oltre a strappare al suo tempo la storia senza tempo di Nicola, guarda ad un presente ed ad un futuro della ricerca musicale, accentuando per contrasto l’universalità della vicenda narrata. Ma è Napoli stessa a volerlo. Città all’avanguardia proprio per la sua antichissima modernità. Città senza fine proprio per le troppe volte in cui si è avvicinata ad un’inenarrabile fine. Città indistruttibile proprio perché costretta da sempre a convivere con la sua lenta deflagrazione. 

 COMMENTO MUSICALE EPO

 

 

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Alma Sonida

“Alma Sonida in concerto”

Martedì 17 maggio alle ore 21:00 presso il Nuovo Teatro Sancarluccio si terrà il concerto degli Alma Sonida.

È dalle personali esperienze e il bagaglio musicale che nasce la voglia di “raccontarsi” degli Alma Sonida. Claudia Petino e Gennaro Castellano danno vita ad un progetto che racchiude stili musicali differenti portati al pubblico in chiave acustica (l’incontro con Mimmo Mastropietro fa la differenza; la sua chitarra “Racconta” le sfumature dell’anima di questo acustic cover trio, sfumature Pop, soul, rock e jazz lounge).

Gli Alma Sonida in scena per nuove interpretazioni della musica Napoletana , italiana e brasiliana. L’obbiettivo è raccontare le contaminazioni di brani provenienti da culture diverse attraverso un ibrido musicale stravagante e mutevole che mette in relazione  bossa, jazz e samba sulla matrice comune di un ascolto raffinato. Una nuova prospettiva di un universo musicale che continua a riservare sorprese. Il trio, che per l’occasione aggiunge i 2 elementi batteria jazz e sax, propone un omaggio ai successi napoletani, italiani e brasiliani dagli anni 50 in poi: passando da Carosone a Sergio Bruni Battisti a Mina, da Pino Daniele a Toquinho e Vanoni, dai Matia Bazar a Vinicius De Moraes, riadattati in un’interpretazione del tutto originale. Una contaminazione di stili e culture fra melodia italiana e bossa nova che trasmette al pubblico il calore e la “saudade” tipiche dei due Paesi.

Il trio si arricchisce della collaborazione di due grandi musicisti Salvio Loffredo batteria jazz di eccezione e Alfredo Gambardella sax tenore. Sassofonista di estrazione soul – jazz, ha fatto parte dell’ensemble della scuola di musica jazz del Saint Louis di Roma.

 

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Gea Martire

MULIGNANE

Dopo i numerosi sold out torna, da giovedì 19 a domenica 22 maggio (giovedì e sabato ore 21:00 domenica ore 18:00), al Nuovo Teatro Sancarluccio di Napoli lo spettacolo Mulignane, da un racconto di Francesca Prisco, con Gea Martire per la regia di Antonio Capuano.

 Una storia di donna. Questa donna non ha nome, Ha un’identità che si spande e si diffonde nella solitudine di un femminile che non fa della solitudine fierezza, baldanza, indipendenza, ma timore di inadeguatezza e di bruttezza. La nostra cultura che “fa pantano e feta”, spruzza sulla donna non legata a un uomo un sentore di umido scantinato condannato alla muffa. Come se poi, essere “legati” fosse il massimo della vita! E la donna, in corsa da secoli verso più ampi orizzonti, rimane azzoppata in questa trappola malefica e frena la corsa. Senza un uomo come si fa?!? E’ triste, è brutto, ci vuole un umo ci vuole l’amore… ahé, è na parola! E addo’ sta? Intato gli anni passano e il vuoto intorno, anzi interno, dilaga. E allora va bene ”qualunque” (sintesi di chiunque e qualunque cosa): un turzo, un arrogante, un pagliaccio, un rimorchio, un’altra trappola pur di arginarlo, quel maledetto vuoto. Pure sesso brutale, spinto a darsi male, ma quale amore? Sempre meglio che sentire il male di un fallimento, il tormento di non essere mai desiderata. Meglio le fruste, pratiche sadomaso, mulignane (lividi), “si, vatteme, fammi male”, a coprire più insostenibili dolori. Eh, ma succede, non spesso, ma a volte sì, e questo è il caso, che a furia di praticare, si allenano muscoli sconosciuti che danno nuova forza. E tutto si ribalta. Strade sotterranee conducono alla luce e le mulignane (melanzane) diventano ruoti di parmigiane da servire bollenti, insolita temperatura per la vendetta. Il fatto è che ci piace far saltare gli schemi, divertendoci! Il tono è comico, come spesso è l’intelligenza, anche se non lo sappiamo.

 

N.B. LO SPETTACOLO E’ VIETATO AI MINORI DI 14 ANNI

 

 

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