Napoli, alla Sala Assoli, successo per “La tragedia di Riccardo III – o della morte e altri inganni”

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foto Maria Mazzei

A Napoli, dal 16 al 18 febbraio in Sala Assoli, “La tragedia di Riccardo III – o della morte e altri inganni”, sbalordisce il pubblico con una brillante interpretazione di Edoardo Sorgente. Regia e traduzione di Gianluca Bonagura con Elvira Buonocore e Simone Di Meglio, lo spettacolo è il primo della Trilogia degli scherzi infiniti, che la compagnia fasepartenze teatro dedica interamente all’opera di William Shakespeare. Dal The Life and Death of King Richard the Third, la riscrittura si focalizza su quel momento che separa vita e morte, in cui il Bardo Thodol, Re Riccardo III, ha la possibilità di rivivere gli attimi della propria vita per l’ultima volta.

“Riccardo sei ancora qui? Voglio raccontarti il mio sogno”

La scena in Sala Assoli trasmette inquietudine, con un tavolo sospeso in cui il Re è disteso, circondato da oggetti simbolici di spiriti andati, e un pesce rosso. L’inquietante scena apre una trama fatta di amore, violenze e macabri assassinii, dove Riccardo si spoglia a causa della sua infamia con metafore simboliche funeree.

“Riccardo non vi ama”

Riccardo non è felice, a differenza degli altri. Riesce a trovare sollievo solo nell’essere una canaglia desiderosa della carne. Deciso ad essere una canaglia, è maledetto da un destino in cui il tempo non ha fatto nulla per aiutarlo e dargli conforto. Non riesce a controllare i pensieri della gente, a prevenire il peggio e a presagire la violenza, poiché è lui artefice di essa e vittima dell’ira. Tutto farebbe per l’amore e per il potere, anche tutto il male possibile, nonostante lui sia il primo a indignarsi. Persuade e accarezza la sua vittima, lasciandole sentire solo il lato dolce delle cose, “ma senza vedere il veleno”.

C’è chi ride in sala, Sorgente è impressionante con la sua mimica e uno spirito che travolge il pubblico in un continuo crescendo. Il Re danza con le sue maschere, si prende gioco di se stesso e dei traumi inflitti. Gattona e afferra di soppiatto la prenda, in una metafora della violenza. Inquieto, Riccardo picchia i suoi alter ego, cercando di farci pace. Molesto, cerca stratagemmi per fuggire dalle sue colpe e nascondersi dalla violenza. Brancola nel buio, getta gli oggetti per aria, sotto il peso di una corona troppo importante.

“LUNGA VITA RICCARDO, RE D’INGHILTERRA”

Il Re è disorientato in un mondo che barcolla, finge di stare al mondo, pensando che “un giorno si renderanno conto che sono solo un artificio, un rimorso”. Una vita di delitti per compiere un piano, fa nascere un lungo dialogo con se stesso, avvolto da figure simboliche della sua vita. Come una terapia personale per tagliare il filo della propria morte e bloccare i pensieri. Sentire gli organi, le viscere tremare, andare in caos: un interruzione. Il mondo è pieno delle colpe infami di Riccardo, “seppellito il futuro e reso impossibile la rinascita”, l’unica speranza per il Re è dominare il dolore, con una corona “strappata dalle tempie ancora fumanti”.

“Corri Riccardo, nessuno può capire che non eri il Re”

Roberta Fusco

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