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Esiste una realtà in Sicilia che vale la pena conoscere; esiste da quasi vent’anni. Un percorso lungo e difficile, mirato e centrato. Abbiamo intervistato Turi D’Anca, presidente dell’Associazione Teatro Di Fuori O.N.L.U.S. Lasciamo a lui il compito di spiegare il come e il perché di questo viaggio senza “limiti” .
Buonasera Turi, sei direttore artistico della Compagnia Teatro di Fuori, spiegaci di cosa si occupa e parlaci dei componenti che la formano.
La Compagnia Teatro Di Fuori nasce nel 1997 come esigenza di un altro teatro, al di fuori dei canoni schematici classico, sperimentale, comico, drammatico ecc. Finito l’Accademia ero un attore e regista di teatro, ma trovavo il mondo che mi circondava non confacente con la mia estrazione popolare ed onestamente nemmeno con la mia parte “intellettuale”. Sono un topo di biblioteca da bambino, i libri sono stati sempre il mio mondo di fuga e sogno. Comunicavo spesso alla mia maestra, Alejandra Manini, questo mio disagio e mi avviai verso una personale ricerca ed addestramento sul Teatro dell’Oppresso. Poi feci il servizio civile ad Acireale all’interno di Comunità di bambine tolte ai famigliari, per soprusi o indigenze gravi. Tra loro c’erano anche due bambine autistiche e molte con problemi psicofisici. L’anno dopo con Maurizio Monte fondammo la Compagnia, mentre facevamo un laboratorio con i pazienti dimessi dall’Ex O.P. di Palermo e contemporaneamente montavamo uno spettacolo per il Festival di Certaldo.
Scegliemmo come nome della compagnia Teatro di Fuori per i due concetti chiave: la ricerca e la formazione. Due termini, abusati e distorti nella maggior parte dei casi, che rappresentano nel nostro teatro la successione di piani di studio sulle comunità e sui singoli, nonché un presupposto reale di pedagogia sociale. Ci siamo spostati, in questi 19 anni di esistenza, indietro nel passato, abbiamo esaminato il presente e laddove si possa definire un tracciato d’innovazione, abbiamo tenuto conto dei primi due fattori e delle esigenze che ci indicavano, persone e situazioni sociali.
Le principali aree d’intervento del TDF sono:
- La formazione: teatrale, pedagogica di studenti d’ogni grado, didattica per i docenti, socio- educativa per operatori del sociale;
- La ricerca demoetnoantropologica: con intere popolazioni di frazioni, borghi e paesi;
- La riabilitazione: di soggetti con diversAbilità, disagio d’ogni genere e devianze sociali (penitenziari, quartieri a rischio delle grandi Metropoli);
- La ricerca teatrale: costruzione di spettacoli (dai personaggi all’allestimento integrale dei luoghi), training e corsi di alta specializzazione;
- Direzione Artistica e Organizzazione d’eventi culturali.
Abbiamo svolto più di 50 laboratori, atelier, stage. Progetti residenziali con intere popolazioni di una collettività. Le Compagnie che formiamo rimarranno sul territorio. Persone che nella vita continuano a fare altro, ma non posso tralasciare le loro competenze straOrdinarie e l’importanza nel nostro cammino di Compagnia, quanto l’immediatezza nell’essere pronti per qualsiasi nuovo percorso. Penso di potere affermare che la stessa percezione l’hanno avuta tutti gli Artisti che si sono trovati all’interno dei nostri Festival o Progetti
I giovani che lavorano con voi sono ragazzi “speciali”, cosa comporta affrontare la diffidenza delle persone rispetto alle tematiche sociali che trattate?
Questa è una domanda che mi fa sorridere. Inizio dai ragazzi/persone speciali. Non mi piacciono le definizioni né di patologia, né le etichette sociali, per noi al limite sono SuperAbili. Non parliamo mai di riabilitazione, ma di Abilitazione alla vita. A volte può significare educare l’ambiente, la famiglia, la società e persino loro al valore della diversità. Tendiamo a formare gruppi integrati, senza ghettizzazioni o barriere del tipo “Dottore” “Lei”.
Ti confesso che abbiamo perso alcuni bandi sociali, perché siamo disposti a scrivere riAbilitazione, come vuole la legge, ma non accettiamo che in un bando si inizi con lo stigma, della serie: portatori di handicap e altri termini, che sottintende che queste persone saranno dentro una struttura sanitaria, con una stanzetta e poi alla fine lo spettacolino sarà per i politici e parenti nella “zona cerimonie”. Quando i ragazzi o le persone arrivano in un nostro laboratorio, tre cose “respingiamo” subito: “Non ce la faccio” “Sono malato” e “Mi scusi dottore”, su questi due termini io svengo ogni volta che li sento. Naturalmente lo faccio di proposito e tutti ridono. Una volta, detto tra di noi, all’interno di Officina Coscienza, con un ossessivo compulsivo l’ho fatto per dieci volte di seguito. Poi è diventato un gioco anti tensione per il debutto del “Di Un Pinocchio”, a turno qualcuno diceva dottore e tutti cadevamo a terra. Quindi la diffidenza, è una bella sfida da vincere. Ogni evento finale di “Officina Coscienza” è stata una lezione per tutti, anche per noi, i maestri diventano loro. Ti aggiungo il link della performance del gruppo di “Officina Coscienza” con i pazienti della Salute Mentale di Palermo e altri. È più semplice vederlo che descriverlo. http://teatrodifuori.wix.com/teatrodifuori#!di-un-pinocchio/cjbyr
La vostra compagnia propone spettacoli anche itineranti, vuoi parlarci di questo progetto?
I termini più corrispondenti sono allestimenti integrali. Di piazze, uliveti, campi di grano, masserie, quartieri e in taluni casi di interi borghi. Ne cito un paio: “Cechoviana Sicilianità” è nato mettendo in scena tre trilogie di atti unici cecoviani in tre diversi quartieri. L’allestimento ha ritrasformato gli spazi negli anni delle rappresentazioni, ’30-’40-’50, nessun dettaglio è stato trascurato, persino dagli interni delle case. Sono ricomparsi gli animali nei bevai, le pecore e le galline. Con “Cchiu scuru di Mezzanotti ‘un po fari – Antropos” abbiamo allestito integralmente il Borgo rurale di Turolifi (CL), lì si posteggiava a quasi mezzo chilometro dal luogo, perché ti preparavi per un salto nel tempo. In un altro Festival, “Terra e Memoria – Le cose dell’amore” lo abbiamo allestito al centro di un uliveto. Bisogna precisare due cose, innanzitutto il fondamentale contributo delle popolazioni: costumi, oggetti, musiche, luci sono tutte originali delle epoche. La seconda che si tratta di creazioni residenziali e studi demoetnoantropologici. Però possiamo ricordare un nostro lavoro itinerante “Castelli, tranelli, d’amore e d’arme – Primo studio su Federico II”, l’evento conclusivo del decimo Festival Medievale di Motta Sant’Anastasia. Lì si accedeva all’interno del quartiere del Castello solo indossando un costume medievale (bambini compresi) e si assisteva, girandolo tutto, in cinque quadri dalla nascita alla morte dell’imperatore. Un grande plauso va all’Associazione “Casa Normanna” e ai suoi eccezionali sbandieratori, ai miei attori che hanno recitato anche ad altezze di trenta metri sospesi nel vuoto, ai Melisma gruppo folk di Salerno e alle straordinarie luci di Alessandro Arena. E aggiungo alle forze dell’ordine… sempre presenti e con gli occhi chiusi… una bellissima follia.
Vi occupate anche di formazione teatrale, quali sono i corsi che proponete ai ragazzi?
La formazione è una delle principali mission del TDF. Sai, dopo oltre 70 progetti di formazione, abbiamo riassunto tutto in nove laboratori. Ogni percorso è stato progettato, sperimentato e consolidato nell’arco di quasi vent’anni d’attività con oltre un migliaio di allievi.
Mimesi è il piano di lavoro più completo e specializzato per le arti della scena. Il corso include fondamenta di regia, recitazione, acrobatica, sceneggiatura, scenografia, costumi e illuminotecnica. È stato concepito all’interno di un programma didattico biennale commissionato dall’Università di Palermo nel biennio accademico 2000-2001, denominato “Lo specchio delle personalità”. Da allora, con una cadenza biennale, a seconda degli impegni della Compagnia, è stato istituito il percorso di Mimesi da cui sono usciti una serie di talenti, non solo nel campo artistico, in grado di esprimere al massimo le loro potenzialità nell’ambito professionale. Il principio che muove la didattica di questo laboratorio è “Conosci te stesso”. Gli allievi, scelti attraverso una rigida selezione sulla base delle motivazioni etiche ancor prima che artistiche, vengono addestrati a richiedere il meglio da se stessi bandendo innanzitutto la frase: “non ce la faccio”. Nelle lezioni essi ricevono un’informazione completa su tutti i principali metodi e generi conosciuti sull’arte della rappresentazione, a partire dal primo esempio, lo sciamano. Tra gli aspetti più importanti, è rilevante sottolineare come la personalità dell’individuo si ampli e si consolidi attraverso un training psicofisico concepito con una cernita di esercizi creati da grandi maestri, tra cui: Copeau, Stanislavskij, M. Cechov, T. Kantor, Mejerchol’d, A. Boal etc. A questo patrimonio si aggiungono gli oltre 1500 esercizi creati dalla Compagnia in oltre di 18 anni d’attività, che possono essere sintetizzati nello studio demoetnoantropologico dell’uomo e dei sistemi in cui vive. Altro punto fondamentale è la costruzione di un gruppo e di conseguenza dell’assimilazione di capacità migliori d’integrazione all’interno del sistema sociale. Per altro, una particolarità della Compagnia è quella di dar vita a degli spettacoli che nascono a diretto contatto con la popolazione che la ospita, attraverso delle improvvisazioni all’aperto, nelle quali tutto può accadere e che andranno a costituire il bagaglio storico di ogni personaggio. Ogni allestimento finale di Mimesi ha avuto un grande successo di pubblico, ottime critiche dagli esperti del settore e una particolare attenzione della stampa, basta considerare che gli articoli sono sempre stati a carattere Nazionale.
Il corso Riflessi Di Clownerie è strutturato per ritrovare la concezione del gioco, imparare a gestire e coinvolgere gruppi di diverse età, riscoprire se stessi e la propria inventiva, apprendere le tecniche di animazione più importanti e dar vita ad un vero e proprio gruppo di animazione in grado di divertirsi e far divertire in ogni genere di situazione, questi sono gli obiettivi che ci prefissiamo di raggiungere. Per i bambini, invece, si cerca d’incentivare l’aggregazione, d’imparare a canalizzare le proprie energie, d’ampliare la propria fantasia e di trovare il modo migliore per utilizzarla. Il tutto attraverso le tecniche di clownerie consolidate nel tempo dalla Compagnia. I bambini sono per noi fonti di incredibile energia che aspetta solo la direzione giusta dove sfociare, noi offriamo una strada.
Il corso, così come altri laboratori del TDF, necessita di una selezione; essa non avviene seguendo i consueti criteri di valutazione teatrali che presuppongono nei candidati una disposizione naturale o un’adeguata preparazione per la recitazione, il canto ed il mimo, ma bensì sulla base di una capacità d’emozionarsi e dalla necessità di conoscersi attraverso l’analisi continua che il teatro, tramite un rigoroso training psico-fisico, impone alla mente e al corpo.
Nell’ambito della “leggerezza” e del valore della pedagogia del gioco Bambino Faber è il nostro laboratorio di pura aggregazione e libera espressività del singolo. Se il compito della scuola è quello di istruire, e quello dello sport di farli svagare, il nostro è quello di dar valore all’umanità, alla creatività e alla fantasia. Lavorare sul singolo individuo quanto sul lavoro di gruppo. Dare ad ognuno la possibilità di esprimersi sotto ogni forma di creatività, dalla recitazione con la sola presenza scenica sino alla creazione manuale di un proprio teatrino, basandoci sempre sul “teatro individuale” e quindi sul desiderio e il bisogno di ogni singolo bambino di dire ciò che sente.
Infine, frutto di una decennale collaborazione con i Dipartimenti di Salute Mentale ci hanno portato a creare e consolidare un Laboratorio d’abilitazione alla vita e inclusione di persone con diversa abilità: OFFICINA COSCIENZA… TERRITORIO UMANO. Poi ci sono progetti speciali, quest’anno nelle scuole siamo partiti con AttraVerso il Teatro, facciamo fare i nostri esercizi a centinaia di alunni durante degli atelier.
È da gennaio che abbiamo creato un sito, finalmente, http://teatrodifuori.wix.com/teatrodifuori dove si può trovare il 20 per cento del nostro materiale, ma i lab, gli atelier e gli stage ci sono tutti.
Quali sono i prossimi appuntamenti che avete in cartellone?
Ti dico quello imminente, faremo 8 workshop di Mimesi, suddiviso in quattro weekend intensivi, a partire da sabato 4 giugno a Campobello di Licata (AG) con l’associazione Helios Artisti Associati, La Compagnia Quelli della Parnasso e il Comune di Campobello. Mentre ti scrivo, mi hanno chiesto, visto le tante domande, se possiamo fare un secondo turno. Per il resto stiamo per rimontare l’intera operazione di Cechoviana e… tante altre cose, tra cui un libro. Abbiamo 38 follie di allestimenti, come dice la mia maestra, ora è il momento di portarle in giro per il mondo.
Giustina Clausino