Napoli, al Sannazaro, tradizioni e passioni nella “Festa di Montevergine” di Raffaele Viviani

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foto di Ersilia Marano

Ritorna, al Teatro Sannazaro di Napoli, fino al 16 marzo 2025, l’ormai storica “Festa di Montevergine” di Raffaele Viviani.

L’eco delle tammurriate e dei canti a figliola risuona ancora tra le mura del Teatro Sannazaro, testimoniando la potenza evocativa della “Festa di Montevergine” di Raffaele Viviani, riportata in scena con maestria e passione da Lara Sansone. Un’esperienza che ha travalicato la semplice rappresentazione teatrale, trasformandosi in un rito collettivo, un tuffo nel cuore pulsante della tradizione popolare napoletana.

Fin dal varcare la soglia del teatro, lo spettatore viene catapultato in un’atmosfera d’altri tempi, grazie ad un allestimento che ricrea con minuzia di dettagli una tipica cantina d’osteria. I tavolacci di legno grezzo, i fiaschi di vino rosso, i cesti colmi di taralli e l’illuminazione soffusa creano un ambiente intimo ed accogliente, dove il confine tra palco e platea si dissolve, rendendo il pubblico partecipe e protagonista della festa. Il pellegrinaggio a Montevergine è un viaggio che va oltre la fede. È rito, sfida, gioco e abbandono totale alla volontà della divinità. È un’umiltà che si fa orgogliosa, quasi sfrontata, perché la devozione qui non è solo preghiera, è appartenenza, è identità. Chi non conosce il cuore pulsante del Sud potrebbe trovare tutto questo incomprensibile. Ma chi ci è nato sa che la Madonna di Monte Partenio, Mamma Schiavona, non è solo una figura sacra: è un rifugio, una madre che accoglie gli ultimi, i dimenticati, i femminielli che danzano per lei con tammurriate sfrenate, i contadini che le affidano il raccolto, i peccatori che cercano redenzione.

Il suo culto è sopravvissuto sotto nuove forme, ma ha mantenuto la stessa forza primordiale. Perché a Montevergine non si va solo per chiedere una grazia, ci si va per perdersi nel rito, per sentirsi parte di qualcosa di più grande, per giocare con la sorte e con il destino.

Viviani racconta tutto questo con una lucidità straordinaria. Dipinge un’umanità divisa tra i “cittadini” che salgono in carrozza e i cafoni che affrontano il viaggio a piedi scalzi, pregando per la pioggia. Mostra uomini che si fanno cavalli nel “tiro a tre”, devoti che magnificano miracoli e, allo stesso tempo, si prendono in giro con cunti e sfottò. Perché il sacro e il profano, qui, convivono da sempre.

Ma il pellegrinaggio non finisce al Santuario. Il ritorno è una festa, un baccanale dal sapore antico. I canti a figliola, duelli musicali a botta e risposta, diventano il campo di battaglia in cui tutto è concesso, anche svergognare chi è stato tradito. Perché, in fondo, il tradimento è il motore del mondo, da Omero a Shakespeare. E così, tra un canto e l’altro, si racconta la storia del vrennaiuolo, venditore di biada, cornuto dalla moglie che preferisce don Rafele, disposto a rovinarsi per riempirla di gioielli.

Viviani, con il suo genio visionario, sembra prevedere già nel 1928 la trasformazione di questa comunità. Il popolo plebeo, fiero e compatto, sarebbe diventato una massa di piccoli borghesi chiusi nel loro privato. E la struttura della sua commedia lo racconta: il primo atto è grandioso e collettivo, il secondo si accende con la sfida dei canti e delle beffe, ma il finale si chiude in una stanza da letto. Dal grande al piccolo, dall’immensità della comunità alla solitudine dell’individuo. Un passaggio inevitabile? Forse.

“La Festa di Montevergine” è un tributo alla tradizione e, allo stesso tempo, un racconto su un popolo che cambia. È un affresco di suoni, dialetti, canti e storie che affondano le radici nella notte dei tempi. È il teatro nella sua forma più pura: vivo, pulsante, eterno.

Un’opera che racconta l’anima di un popolo con una potenza che non si spegne nel tempo. Perché solo un genio come Viviani poteva trasformare la tradizione in teatro universale, capace di emozionare oggi come allora.

La regia di Lara Sansone, che ha saputo infondere nuova linfa vitale all’opera di Viviani, si distingue per la sua capacità di valorizzare la ricchezza e la complessità dei personaggi, restituendo al pubblico un affresco vivido ed autentico della società napoletana di inizio Novecento. La sua interpretazione de “a maesta”, figura centrale e carismatica, è un vero e proprio tour de force, un’esplosione di energia e vitalità che incanta e coinvolge lo spettatore. Lo spettacolo che si accende anche grazie alla straordinaria prova attoriale di Lucio Pierri, Bruno Fiorente e Arduino Speranza, i cui tempi comici e capacità interpretative regalano al pubblico momenti di autentico divertimento.

La “Festa di Montevergine” è un’opera che parla al cuore, che racconta le contraddizioni e le speranze di un popolo in bilico tra tradizione e modernità. Viviani, con la sua penna affilata e il suo sguardo acuto, ha saputo ritrarre l’anima popolare napoletana, con i suoi contrasti tra fede e superstizione, fra sacro e profano. E lo fa con una lingua che è essa stessa musica, un idioma ricco di sfumature e di colori, che risuona come un canto antico e familiare.

Le risate, quelle genuine e liberatorie, si alternano ai momenti di commozione, creando un’altalena di emozioni che coinvolge lo spettatore in un vortice di sensazioni.

Ersilia Marano

Tre atti con musiche di Raffaele Viviani
Regia Lara Sansone
Musiche elaborate da Paolo Rescigno Studio 52
Scene Retroscena Srl
Coreografie Alessandro Di Napoli
Costumi Luisa Gorgi Marchese
Trucco e parrucco Ciro Florio
Disegno luci Luigi Della Monica
Ufficio stampa Roberta D’Agostino
Produzione Tradizione e Turismo – Centro di produzione teatrale – Teatro Sannazaro
Con  Lara Sansone 
E con  Mario Andrisani, Mario Aterrano, Antonio Aversano, Annamaria Colasanto, Michela Conte, Gino Curcione, Savio De Martino, Gennaro Di Biase, Alessandro Di Napoli, Clarissa Di Napoli, Isabella Di Napoli, Stefania Di Nardo, Bruno Fiorente, Greta Gallo, Marta Grazioli, Toni Guido, Pino Lamberti, Claudia Liucci, Conny Loffredo, Ivana Maione, Vincenzo Merolla, Antonio Minichino, Loretta Palo, Massimo Peluso, Lucio Pierri, Marisa Portolano, Francesco Rivieccio, Francesco Rusciano, Rosaria Russo, Arduino Speranza, Christopher Vanorio, Gabriel Vanorio
Al Teatro Sannazaro di Napoli fino al 16 marzo 2025 

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