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Vedi Napoli e poi scrivi: Goethe e il suo amore per Partenope

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foto Giuseppe Panza

È facile restare affascinati da una città come Napoli: palazzi , chiese, castelli, rovine, tradizioni, sapori, suoni, voci. Ogni osservatore resta sedotto dalla sua magica idiosincrasia: un difficile connubio tra la bellezza e il terribile, da cui scaturiscono anche le sue mille sfumature letterarie, artistiche e musicali.

Nella storia, il litorale partenopeo è stato teatro di incontri e scontri culturali che hanno fornito un contributo fondamentale alla cultura europea.

Nonostante le dominazioni la città ha conservato il suo carattere di sublime vitalità; ma ogni passaggio storico comporta cambiamenti nell’ anima culturale e, soprattutto, popolare del territorio.

Napoli è stata patria di grandi intellettuali, tanti altri ne ha ospitati e ispirati.  Grazie alle parole e alle rappresentazioni di letterati, artisti e filosofi ci è permesso ascoltare le voci che l’ hanno  animata, la vita che è trascorsa e che scorre per le sue strade, conservando un’ immagine di questa splendida città in ogni epoca.

Inizieremo un viaggio attraverso gli scritti di coloro che l’ hanno visitata e amata. Le loro testimonianze sono e saranno memoria di una Napoli che è sempre se stessa, ieri e oggi. Osserveremo con i loro occhi il Maschio Angioino, il Palazzo reale, Piazza Plebiscito fino a inoltrarci nel cuore della città. Attraverseremo il lungomare di Mergellina, fino a restare affascinati dalla vista di Castel dell’Ovo. Ci affacceremo sulla terrazza di Sant’Antonio a Posillipo da cui è visibile tutta Napoli.

Grazie alle grandi opere oggi abbiamo una “fotografia” di Napoli attraverso la sua storia bellissima e tormentata, che ancora oggi la rende una delle città più belle del mondo.

Vedi Napoli e poi scrivi e il nostro modo di omaggiare la città della Sirena Partenope parafrasando uno dei suoi più famosi  estimatori : Goethe.

Nel febbraio del 1787 Johann Wolfgang Goethe arriva a Napoli e soggiorna presso Palazzo Filangieri d’Arianello, dove oggi possiamo ancora ammirare una targa in suo onore, e a Palazzo Sessa, sede che dal 2012 ospita il Goethe Institut.

A Napoli Goethe conosce tutto lo sfarzo artistico ed economico di una delle città più attive, ricche e floride del suo tempo. Fin dal terzo giorno del suo soggiorno napoletano, Goethe assume un atteggiamento totalmente diverso da quello che aveva a Roma. Egli scrive: – Oggi mi sono dato alla pazza gioia, dedicando tutto il mio tempo a queste incomparabili bellezze –. La Roma, che fino a poco tempo fa aveva visitato, in confronto a Napoli è “come un vecchio monastero mal situato”.

Goethe ammira il temperamento felice dei partenopei, un popolo sempre incline ai festeggiamenti, alle musiche e alle processioni. I napoletani vivono al momento, sopportano i mali passeggeri ed evitano pensieri troppo eccessivi. Trascinato da questo “modo di vivere”, Goethe comincia a far suo questo temperamento, fino a quando non rimprovera se stesso. Infatti egli scrive: –Vedo meno di quel che dovrei –. Il ferreo dovere attraversa nuovamente la coscienza dello scrittore che arriva a dare la colpa alla stessa città partenopea che definisce un – paese che ispira la poltroneria-. Ma il giudizio negativo dura poco. Infatti il 16 marzo Goethe scrive: – Napoli è un paradiso, in cui tutti vivono in una specie di ebbrezza e di oblio di se stessi. A me accade lo stesso. Non mi riconosco quasi più, mi sembra di essere un altro uomo. Ieri mi dicevo o sei stato folle fin qui, o lo sei adesso-.

Durante il soggiorno napoletano, però, ciò che scuote l’animo di Goethe è la scalata del Vesuvio. Le colonne di fumo, il suolo rovente e l’incessante odore di zolfo, rendono il paesaggio attorno al Vesuvio un vero e proprio inferno sulla terra. “Sotto il cielo più limpido – scrive Goethe –  il suolo più infido; macerie d’inconcepibile opulenza, smozzicate, sinistre; acque ribollenti, crepacci esalanti zolfo, montagne di scorie ribelli a ogni vegetazione, spazi brulli e desolati, e poi, d’improvviso, una verzura eternamente rigogliosa, che alligna dovunque può e s’innalza su tutta questa morte, cingendo stagni e rivi, affermandosi con superbi gruppi di querce perfino sui fianchi d’un antico cratere. Ed eccoci così rimbalzati di continuo tra le manifestazioni della natura e quelle dei popoli. Si vorrebbe riflettere, ma ci si tiene impari al compito. Intanto, però, chi è vivo continua a vivere lieto, e non mancammo di far altrettanto”. Il Vesuvio dunque rappresenta agli occhi di Goethe l’opposto della città. Egli scrive “La terribilità contrapposta al bello, il bello alla terribilità: l’uno e l’altra si annullano a vicenda, e ne risulta un sentimento d’indifferenza. I napoletani sarebbero senza dubbio diversi se non si sentissero costretti fra Dio e Satana”.

Maria Rosaria Russo